Gentili associati,
trasmettiamo di seguito il comunicato stampa di Confindustria inerente il rapporto trimestrale del Gestore Servizi Energetici (GSE) sulle aste di quote europee di emissione.
Il rapporto certifica che, nel secondo trimestre del 2016, l'Italia ha collocato oltre 20 milioni di EUA, con proventi superiori ai 114 milioni di euro, che portano a circa 1,6 miliardi di euro il totale delle risorse generate dal sistema ETS a partire dal 2012. Tenendo conto dell'attuale andamento dei prezzi, il GSE stima un totale di proventi attesi nel 2016 compreso tra i 387 e i 446 milioni di euro.
Il rapporto contiene la prima analisi della compliance, che certifica come gli operatori nazionali nel 2015 hanno emesso circa 158 milioni di tonnellate di CO2eq e, al netto dell'assegnazione gratuita, hanno dovuto approvvigionarsi sul mercato per circa il 54,5% del fabbisogno complessivo.
In particolare, se il settore elettrico ha dovuto acquistare il 100% delle quote, non beneficiando ai sensi della Direttiva ETS di assegnazione gratuita, gli impianti della manifattura leggera hanno fatto ricorso al mercato per soddisfare il 59% del proprio fabbisogno, la raffinazione il 40%, la carta il 37%, il gesso il 31%, il vetro il 23% e l'alluminio il 20%.
Il cemento e la siderurgia avrebbero, invece, beneficiato di un surplus pari complessivamente a 11 milioni, essenzialmente a causa dei significativi cali di produzione dovuti alla congiuntura economica.
I costi sostenuti dall'industria nel 2015, al netto del trasferimento del prezzo del carbonio sull'energia elettrica (cd. costi indiretti), ammontano a oltre 200 milioni di euro, di cui 125 a carico della manifattura leggera e 78 a carico dei settori energivori.
Contestualmente, a causa della sovrallocazione di quote gratuite ad alcuni settori, si è registrato un flusso positivo per la manifattura energy intensive di circa 92 milioni di euro.
D'altro canto, il settore della produzione elettrica ha sostenuto i maggiori costi – circa 540 milioni di euro, che sono però almeno in parte stati trasferiti sui consumatori domestici e sulle imprese.
Nell'analisi del GSE si certifica anche che i settori italiani in ETS hanno ridotto le proprie emissioni in misura maggiore rispetto agli altri principali paesi a vocazione industriale (Italia -26%, Francia -20%, Germania -0,84%).
A tal proposito, segnaliamo con particolare interesse il confronto tra l'Italia e i principali Stati Membri per quanto riguarda il saldo tra costi figurativi, flussi finanziari positivi per le imprese e proventi delle aste. Dall'analisi emerge che l'Italia presenta un saldo negativo pari a circa il 10% (i costi dell'ETS sono maggiori dei proventi generati dal meccanismo per il Sistema Paese), un valore comunque inferiore rispetto a quello di Gran Bretagna (-24%), Olanda (-26%), Germania (-34%) e Polonia (-63%).
Il rapporto si conclude con gli interventi di Nomisma Energia e di Confindustria, a commento del workshop tecnico organizzato lo scorso 20 giugno presso gli uffici dell'Associazione in collaborazione con il CEPS – Centre for European Policy Studies.
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