Il numero di luglio del periodico statistico di INAIL è dedicato all’impatto del cambiamento climatico sul lavoro in Italia, ma contiene anche altro focus sull’analisi demografica della forza lavoro e sulla cronistoria degli infortuni da Sars-Cov-2.
Premessa
L’invecchiamento della popolazione attiva, la perdita di capitale umano dovuto alla “fuga dei cervelli”, che riguarda soprattutto giovani laureati e ricercatori, gli effetti della pandemia sulle realtà occupazionali, le crisi ambientali dovute ai cambiamenti climatici sono elementi che stanno innescando trasformazioni inedite nel mercato del lavoro, in Italia e nel mondo. In particolare, le ultime notizie riguardanti le condizioni meteorologiche da cui è stata interessata l’Italia nelle scorse settimane, con super celle temporalesche in alcune zone del nord e temperature roventi nel resto della penisola, dimostrano quanto gli eventi atmosferici possano incidere anche sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. Al cambiamento climatico, che si sta imponendo come un nuovo fattore da considerare nella valutazione dei rischi sul lavoro, è dedicato un focus di approfondimento tecnico-scientifico all’interno del numero di luglio di Dati Inail, il periodico curato dalla Consulenza statistico attuariale (Csa) dell’Istituto.
Gli effetti del clima sulla salute e la sicurezza dei lavoratori.
Come viene spiegato nel report Inail, il cambiamento climatico opera effetti diretti e indiretti sul benessere dei lavoratori, in particolare di coloro che svolgono le proprie mansioni all’aperto. Le condizioni meteorologiche avverse, come temperature estreme, radiazioni ultraviolette, piogge violente, inondazioni, siccità, hanno fatto emergere nuovi rischi professionali, o aggravato, allo stesso tempo, quelli già esistenti. Un possibile esempio ci è offerto dal fatto che l’innalzamento delle temperature e le modifiche nell’uso del territorio possono favorire l’introduzione di nuovi vettori biologici e agenti infettivi in zone prima indenni, aumentando il rischio di infezioni e focolai epidemici in alcuni ambiti lavorativi.
La valutazione dei rischi “climatici” come strumento di prevenzione.
La valutazione complessiva dei rischi, prevista dall’art. 17 del decreto legislativo 81/2008, deve di conseguenza tenere oggi in considerazione gli impatti che il cambiamento climatico può generare nello svolgimento delle attività lavorative. Per individuare le misure adeguate di prevenzione e protezione è necessario effettuare un’analisi dettagliata che tenga conto di fattori come le caratteristiche degli ambienti di lavoro, le attività più esposte, l’individuazione dei lavoratori più vulnerabili, lo sforzo fisico, la predisposizione di procedure di lavoro ordinario o di emergenza. In questo modo le aziende sono in grado di individuare le aree di lavoro e le attività maggiormente esposte, concentrando gli sforzi sulla protezione dei lavoratori che si trovano a fronteggiare rischi più elevati. Ciò potrebbe includere la fornitura di indumenti e dispositivi di protezione adeguati alle condizioni climatiche, l’installazione di punti di erogazione d’acqua e la predisposizione di procedure di emergenza in caso di eventi atmosferici estremi.
Le misure Inail per le imprese e per i lavoratori esposti a temperature elevate.
Anche l’Inail, attraverso lo strumento dell’Ot23, fornisce alle aziende con “ambienti severi caldi”, così definiti dalle norme Uni, l’opportunità di beneficiare della riduzione del premio per finalità di prevenzione attraverso l’installazione di sistemi di condizionamento microclimatico, la realizzazione di barriere per l’isolamento di sorgenti radianti e l’acquisto di indumenti con proprietà riflettenti. Inoltre, in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro ed ambientale dell’Inail è impegnato nella realizzazione del progetto Worklimate, che, tra le varie attività, mette a disposizione di lavoratori, autorità di sanità pubblica e operatori della prevenzione una piattaforma per valutare, monitorare e contrastare l’esposizione occupazionale a temperature elevate.
L’Italia tra invecchiamento della forza lavoro e fuga dei cervelli.
L’ultimo rapporto Istat, presentato a luglio 2023, mette in evidenza il progressivo invecchiamento della forza lavoro in Italia. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, si prevede che al 2041 ci saranno 2,5 milioni di residenti in meno nella fascia di età fino ai 24 anni e 5,3 milioni in meno nella fascia di età 25-64 anni. Questo fenomeno, segnala Dati Inail, mette in luce una mancanza preoccupante di partecipazione dei giovani alla vita economica e sociale del Paese. L’incapacità di trovare adeguate opportunità di crescita professionale spinge i giovani laureati a trasferirsi all’estero. Se questo fenomeno della “fuga dei cervelli” diventasse irreversibile, annoterebbero i professionisti della Csa, il paese rischierebbe di perdere un considerevole capitale umano, essenziale per stimolare la crescita economica. Secondo i dati Istat del 2021, riportati nel periodico, il tasso di espatrio per i laureati di età compresa tra i 25 e i 34 anni è del 9,5‰ tra gli uomini e del 6,7‰ tra le donne.
Sars-CoV-2, al 30 aprile 2023 pervenute all’Inail oltre 300 mila denunce di infortuni.
Il numero di luglio di Dati Inail fa anche il punto, infine, sui dati degli infortuni professionali da Sars-Cov-2. Dall’inizio della pandemia, sono stati denunciati all’Istituto 320.724 contagi professionali e sono stati registrati 901 decessi. I contagi seguono sostanzialmente le ondate osservate sulla popolazione e risentono di un’influenza legata alle misure di contenimento del virus, alla diffusione delle vaccinazioni e ai piani mirati di prevenzione realizzati. Il picco di massima concentrazione delle infezioni si è registrato a marzo e a novembre 2020 e a gennaio 2022. La maggior parte delle denunce è stata rilevata nel nord Italia, il 40,5% nel nord-ovest e il 21,5% nel nord-est. Il resto è stato accertato nel meridione con il 21,1% e nel centro con il 16,9%. Anche il report Inail, quindi, conferma che la regione con più casi in valore assoluto è stata la Lombardia, seguita a distanza da Piemonte e Veneto.
(Fonte INAIL)